venerdì, 02 maggio 2025 | 12:27

Diritto di critica e tutela del lavoratore whistleblower

Illegittimo il licenziamento del dipendente che abbia criticato e segnalato al Comitato competente l’ erronea gestione dei protocolli anti - Covid da parte dell’ Amministratore Delegato della società datrice di lavoro (Cassazione - ordinanza 24 aprile 2025 n. 10864, sez. lav.)

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Diritto di critica e tutela del lavoratore whistleblower

Illegittimo il licenziamento del dipendente che abbia criticato e segnalato al Comitato competente l’ erronea gestione dei protocolli anti - Covid da parte dell’ Amministratore Delegato della società datrice di lavoro (Cassazione - ordinanza 24 aprile 2025 n. 10864, sez. lav.)

Il caso

La vicenda trae le mosse dal caso di un lavoratore a cui la società datrice di lavoro aveva intimato il licenziamento a seguito di contestazione, relativa alle espressioni, reputate di rilievo disciplinare, contenute nella corrispondenza mail intercorsa fra il dipendente e l’Amministratore Delegato della società.
In particolare, il predetto scambio di comunicazioni mail aveva avuto ad oggetto le modalità di partecipazione a una riunione fissata dall’A.D. per affrontare problematiche aziendali e il contrasto era nato per via dell’intendimento dell’A.D. di disporre la riunione tra i colleghi dell’ufficio in presenza anziché a distanza tramite collegamenti web, non tenendo conto dell’ esigenza, evidenziata dal dipendente, di attenersi ai protocolli di difesa anti - COVID. Alla reazione avversativa del lavoratore si aggiungeva il fatto che lo stesso aveva indirizzato una segnalazione ai componenti del comitato anticovid e allo stesso Presidente del CDA, volta a sollecitare la verifica circa il corretto controllo e rispetto delle procedure da parte dell’AD.
La Corte d’Appello di Milano, condividendo l’iter decisorio del Tribunale, escludeva il carattere ritorsivo del licenziamento per giusta causa intimato, ritenendo sussistente, nel caso di specie, una palese e consistente trasgressione di rilievo disciplinare, e condannava la società datrice di lavoro a corrispondere al lavoratore un’ indennità risarcitoria ex art. 18, co. 4, L. n. 300/70.
Per la cassazione della sentenza il lavoratore ha proposto ricorso, lamentando, tra i motivi, l’ascrivibilità della propria condotta nell’ambito della denuncia di comportamenti contrastanti con il Codice Etico e la conseguente riconducibilità della stessa nell’ambito del legittimo esercizio di corretta e protetta attività di “Whistleblowing”, con conseguente riconoscimento dei presupposti per la reintegrazione nel posto di lavoro.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, richiamando la giurisprudenza di legittimità in tema di diritto di critica e di tutela del c.d. whistleblower.
Nel caso di specie, ad avviso del Collegio, la sentenza impugnata, non prendendo in esame l’intrinseca natura di critica connessa alla gestione delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, non aveva in alcun modo affrontato i limiti della pertinenza e della continenza ad essa connessi, limitandosi a far riferimento ad un generico abuso critico rivolto ad una figura di forte rilievo aziendale. In particolare, la Corte d’appello aveva giudicato esorbitante il comportamento del dipendente nonostante l’assenza di riferimenti a critiche volgari e gratuite.
Sul punto i giudici di legittimità hanno evidenziato che la Corte territoriale, piuttosto, per verificare il rispetto del limite di continenza formale, avrebbe dovuto procedere ad una più attenta analisi, volta a stabilire se i toni più accesi del lavoratore fossero espressione di una ampia critica articolata, nei suoi plurimi profili, con particolare riguardo a espliciti riferimenti ad una condizione di erronea gestione dei protocolli anti — Covid, o se, invece, veicolassero un’offesa autonoma, avente quale unico o prevalente scopo quello di colpire, in modo gratuito e in nessun modo circostanziato, l’operato dell’Amministratore Delegato.
Ad ulteriore conferma di tanto, doveva aggiungersi il rilievo, non trascurabile, della segnalazione effettuata proprio al Comitato anti - Covid, dal lavoratore, il cui tenore dimostrava come lo stesso lavoratore fosse convinto della bontà delle proprie affermazioni e della correttezza espositiva delle proprie ragioni che, altrimenti, non avrebbe sottoposto all’esame del Comitato; in tale segnalazione, infatti, era contenuta la sollecitazione a verificare la diligenza e l’affidabilità dell’AD alla luce dei rischi, ad avviso del lavoratore, sottostimati, connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa senza il dovuto rispetto dei presidi anti - Covid.
Ebbene, proprio il contenuto della segnalazione e la portata della stessa, unitamente agli altri elementi accertati dal giudice di secondo grado, inducevano a concludere per una necessaria tutela del Wistleblower, alla luce della normativa vigente in materia e della giurisprudenza di legittimità.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa